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Definizione giuridica di "bosco" nell'ordinamento italiano

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A cura del vice questore aggiunto forestale Alessandro Cerofolini – Le note sono riportate a fondo articolo.

Premessa.

Una definizione giuridica di bosco, valida universalmente, a prescindere dalla funzione che si attribuisce allo stesso ed alla realtà territoriale in cui insiste (zona altimetrica, pianura invece di montagna, area alpina piuttosto che mediterranea), è sempre stata complessa e difficoltosa, tanto che anche le leggi forestali del 1877 e del 1923 non fornivano alcuna definizione specifica di bosco.
Infatti, le leggi forestali del 1877 e del 1923 si sono ampliamente occupate del bosco, senza mai darne una definizione statica. Il legislatore dell’epoca ha ritenuto più opportuno lasciare che fosse l’Autorità forestale ad individuare, caso per caso, “i terreni di qualsiasi natura (anche boschivi) che per effetto di utilizzazioni contrastanti… potessero con danno pubblico subire denudazioni, perdere stabilità o turbare il regime delle acque”, per sottoporli, solo successivamente, al regime dei vincoli forestali di cui agli articoli 7 e seguenti del r.d. n. 3267/1923.
La necessità di dare una definizione giuridica al concetto di bosco è stata avvertita in modo particolare dopo l’entrata in vigore della legge n. 431/1985 recante disposizioni in materia di tutela paesaggistica, meglio nota come legge Galasso. La legge Galasso, infatti, ha sottoposto l’uso e il dissodamento del bosco e degli altri beni di interesse forestale ed ambientale ad un preciso sistema di autorizzazioni, senza specificare in modo dettagliato l’oggetto della tutela penale. Ossia, non era giuridicamente chiaro quando un’area boschiva potesse considerarsi bosco, e come tale soggetta al regime autorizzatorio imposto dalla legge Galasso, la cui inosservanza costituiva reato.
In assenza di una chiara definizione giuridica di bosco è accaduto anche che il taglio abusivo di pochi alberi – anche se di nessun pregio paesaggistico o storico-monumentale – sia stato trattato alla stregua di un dissodamento (trasformazione dell’uso del suolo da bosco ad altro) e quindi sanzionato penalmente in quanto privo della relativa autorizzazione.

Definizioni significative di bosco.

Nell’indeterminatezza della norma la dottrina e la giurisprudenza dell’epoca hanno tentato di arrivare ad una adeguata definizione di bosco. Tra le tante, si riporta la definizione “ecosistemica” di bosco data dalla Corte di Cassazione in una sentenza del 12 febbraio 1993: “il concetto di bosco deve essere riguardato come patrimonio naturale con una propria individualità, un ecosistema completo, comprendente tutte le componenti quali suolo e sottosuolo, acque superficiali e sotterranee, aria, clima e microclima, formazioni
vegetali (non solo alberi di alto fusto di una o più specie arboree, ma anche erbe e sottobosco), fauna, microfauna, nelle loro reciproche profonde interrelazioni, e quindi, non solo l’aspetto estetico paesaggistico di più immediata percezione del comune sentimento”. Come si evince, si è in presenza di una definizione, seppur in linea con i moderni principi della scienza forestale, ancora non del tutto esaustiva.
Nel corso degli anni anche altri autorevoli soggetti istituzionali hanno cercato di individuare una definizione di bosco, al fine di rendere meno indeterminata la norma.
Tra queste definizioni di bosco, le più interessanti sono state date:
a) dalla F.A.O.,
b) dall’I.S.T.A.T.,
c) dall’Accademia Italiana di Scienze Forestali,
d) dall’Inventario Forestale Nazionale Italiano del 1985.
Secondo la più recente definizione (Global Forest Resources Assessment 2000), la F.A.O. considera bosco un territorio con copertura arborea superiore al 10 per cento, su un’estensione maggiore di 0,5 ha e con alberi alti, a maturità, almeno 5 metri. Può trattarsi di formazioni arboree chiuse o aperte, di soprassuoli forestali giovani o di aree temporaneamente scoperte di alberi per cause naturali o per l’intervento dell’uomo, ma suscettibiledi ricopertura a breve termine. Sono, inoltre, inclusi nelle aree boscate i vivai forestali, le strade forestali, le fasce tagliafuoco, le piccole radure, le barriere frangivento e le fasce boscate, purchè maggiori di 0,5 ha e larghe più di 20 metri e le piantaggioni di alberi per la produzione di legno. Sono esclusi dalla definizione di bosco i territori usati prevalentemente per le pratiche agricole.
L’I.S.T.A.T., invece, considera superficie forestale boscata quella rappresentata da una superficie di terreno non inferiore a 1/2 ettaro, in cui sono presenti piante forestali legnose, arboree e/o arbustive, che producono legno, o altri prodotti forestali, determinanti, a maturità, un’area d’insidenza (1) di almeno il 50 per cento della superficie e suscettibili di avere un ruolo indiretto sul clima e sul regime delle acque.
Per l’Accademia di Scienza forestali sono da considerarsi boschi i terreni sui quali esista, o venga comunque a costituirsi, per via naturale o artificiale, un popolamento di specie legnose forestali arboree od arbustive, a qualunque stadio di sviluppo si trovino, dalle quali si possono trarre, come principale utilità prodotti comunemente ritenuti forestali, anche se non legnosi, nonché benefici di natura ambientale riferibili particolarmente alla protezione del suolo ed al miglioramento della qualità della vita. Sono, altresì, da considerare boschi gli appezzamenti di terreno che siano rimasti temporaneamente privi di copertura forestale e nei quali il soprassuolo sia in attesa o in corso di rinnovazione o di ricostituzione.
Infine, l’Inventario Forestale Nazionale Italiano risalente al 1985 definisce bosco “un terreno di almeno 2.000 mq, coperto per almeno il 20 per cento di alberi o arbusti; se l’appezzamento boscato è di forma allungata la larghezza minima deve essere di 20 m. Tale tereno è definibile bosco anche se si trova temporaneamente privo di copertura arborea per cause accidentali o in seguito a utilizzazione periodica”.

L’esigenza di una definizione giuridica del bosco si è avvertita ulteriormente con l’emanazione della legge quadro sugli incendi boschivi (la n. 353/2000) (2), che ha introdotto il nuovo reato di incendio boschivo (art.423-bis c.p.) (3). Tale legge, infatti, ha avuto il merito di specificare cosa si intende per incendio boschivo (ossia, “un fuoco con suscettibilità a espandersi su aree boscate, cespugliate o arborate”), ma ha omesso di definire cosa giuridicamente si intende per aree boscate o arborate. Ossia, non ha risolto la seguente questione: quando un incendio si può considerare penalmente boschivo se non si conosce la definizione giuridica di bosco?

Definizione giuridica di bosco data dal legislatore statale.
A risolvere in parte i dubbi interpretativi è intervenuto il decreto legislativo n.227/2001 contenente disposizioni per l’orientamento e la modernizzazione del settore forestale. L’articolo 2 del decreto legislativo n.227/2001, infatti, contiene utili riferimenti per la definizione giuridica di bosco.
Innanzitutto, è previsto che agli effetti di ogni normativa in vigore nel territorio della Repubblica i termini bosco, foresta e selva siano equiparati (comma 1). Il testo di questa disposizione è chiaro e lascia intendere senza ombra di dubbio che, per il legislatore nazionale, a differenza del mondo scientifico, i termini bosco, foresta e selva hanno esattamente lo stesso significato.
Equiparati i termini bosco, foresta e selva, il provvedimento non ne definisce direttamente il contenuto, ma fissa per le singole regioni un termine di dodici mesi entro il quale le regioni stesse stabiliscono per il territorio di loro competenza la definizione di bosco, secondo i criteri di massima indicati nel comma 2.
Il legislatore, quindi, anziché optare per una definizione univoca di bosco, valida su tutto il territorio nazionale, ha preferito rinviare ad un successivo provvedimento delle singole regioni l’esatta individuazione del concetto giuridico di bosco. La conseguenza più evidente è che in Italia ci sono definizioni diverse per indicare lo stesso bene giuridico (il bosco).
Provvidenzialmente, il legislatore statale ha introdotto nel testo del decreto legislativo n. 227/2001 delle norme di salvaguardia volte ad evitare troppe difformità di disciplina tra una regione ed un’altra, a scapito della chiarezza e dell’uniformità di trattamento che oggi, invece, appare ricercata e da più parti invocata.
Il successivo comma 3 dell’articolo2, infatti, assimila a bosco, in ogni caso, e quindi su tutto il territorio nazionale:
a) i fondi gravati dall’obbligo di rimboschimento per le finalità di difesa idrogeologica del territorio, qualità dell’aria, salvaguardia del patrimonio idrico, conservazione della biodiversità, protezione del paesaggio e dell’ambiente in generale;
b) le aree forestali temporaneamente prive di copertura arborea e arbustiva a causa di utilizzazioni forestali, avversità biotiche o abiotiche, eventi accidentali e incendi;
c) le radure e tutte le altre superfici d’estensione inferiore a 2.000 metri quadri che interrompono la continuità del bosco.
Il successivo comma 6 dell’articolo 2 introduce, invece, una definizione residuale di bosco cosiddetta statale. Si stabilisce, infatti, che fino all’emanazione delle leggi regionali e ove non diversamente già definito dalle regioni stesse si considerano bosco i terreni coperti da vegetazione forestale arborea associata o meno a quella arbustiva di origine naturale o artificiale, in qualsiasi stadio di sviluppo, i castagneti, le sugherete e la macchia mediterranea, ed esclusi i giardini pubblici e privati, le alberature stradali, i castagneti da frutto in attualità di coltura e gli impianti di frutticoltura e d’arboricoltura da legno. Tali formazioni vegetali ed i terreni su cui essi sorgono devono avere estensione non inferiore a 2.000 metri quadrati e larghezza media non inferiore a 20 metri e copertura non inferiore al 20 per cento, con misurazione effettuata dalla base esterna dei fusti. Sono, altresì, assimilati a bosco i fondi gravati dall’obbligo di rimboschimento per la difesa idrogeologica del territorio, qualità dell’aria, salvaguardia del patrimonio idrico, conservazione della biodiversità, protezione del paesaggio e dell’ambiente in generale nonché le radure e tutte le altre superfici d’estensione inferiore a 2.000 metri quadri che interrompono la continuità del bosco.
Tale definizione di bosco, infine, si applica ai fini dell’individuazione dei territori coperti da boschi di cui all’articolo 142, comma 1, lettera g) del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 22, meglio noto come codice dei beni culturali e del paesaggio.(4)
Definizioni giuridiche di bosco date dai legislatori regionali.
Analizzando le leggi regionali che nello specifico fissano una definizione di bosco, si osserva che, alla data odierna, solo cinque regioni (il Lazio, il Veneto, l’Umbria, la Toscana e da ultima la Lombardia) hanno legiferato in ottemperanza a quanto stabilito dall’articolo 2, comma 2, del decreto legislativo n. 227/2001.
Le leggi approvate da queste quattro regioni stabiliscono un concetto di bosco che si rifà essenzialmente alla definizione statale, pur introducendo alcune specifiche caratteristiche necessarie per adeguare la definizione di bosco alle aree forestali di propria competenza ed in armonia con le politiche territoriali con le quali tali aree si intendono gestire. Ad esempio, i castagneti da frutto in attualità di coltura sono considerati, in queste tre regioni, boschi a tutti gli effetti, mentre nella definizione statale non lo sono.

Alcune regioni, invece, avevano già definito il bosco riportando generalmente aspetti tipologici colturali e dimensionali in qualche caso simili con la definizione statale ed in altri, invece, anche più restrittivi.
In Sicilia, per esempio, la legge regionale 6 aprile 1996, n. 16, così come modificata dalla legge regionale 19 agosto 1999, n.13, definisce bosco a tutti gli effetti di legge una superficie di terreno di estensione non inferiore a 10.000 mq. in cui sono presenti piante forestali, arboree o arbustive, destinate a formazioni stabili, in qualsiasi stadio di sviluppo, che determinano una copertura del suolo non inferiore al 50 per cento. Si evidenzia in alcuni casi come la definizione regionale di bosco sia stata predisposta in semplici circolari interpretative (ad esempio per il vincolo idrogeologico nella provincia autonoma di Trento) o contenuta in provvedimenti legislativi regolanti materie diverse (ad esempio la legge sull’urbanistica della regione Valle d’Aosta o la legge regionale sui piani di riordino nel Veneto).
Alcune regioni (l’Abruzzo, la Calabria, le Marche e la Sardegna) non hanno mai provveduto a codificare in un provvedimento legislativo la definizione giuridica di bosco. Ovviamente, in queste regioni si applica la definizione statale di cui all’articolo 2, comma 6, del decreto legislativo n.227/2001.
La regione Piemonte, invece, ha espressamente stabilito che la definizione giuridica di bosco prevista dalla legge regionale n. 45/1989 recante disposizioni sul vincolo idrogeologico si applica esclusivamente ai fini del vincolo medesimo. In tutti gli altri casi e per tutte le altre finalità, in Piemonte si fa riferimento alla definizione contenuta nel decreto legislativo n. 227/2001.
Diverse regioni (la Basilicata, il Friuli-Venezia Giulia, la Liguria, la Lombardia, il Molise, il Piemonte, la Toscana, l’Umbria, la Valle d’Aosta e il Veneto) e le due province autonome (Trento e Bolzano) infine, oltre a definire il concetto di bosco, hanno provveduto a stabilire anche cosa non si considera bosco. In linea di massima, in queste regioni non si considerano bosco i parchi cittadini, i giardini e le aree verdi attrezzate, le colture di alberi di Natale di età media inferiore ad anni 30, i filari ed i viali di piante arboree, i frutteti, le colture legnose purchè insistenti su terreni esclusi da vincolo idrogeologico, i terreni abbandonati, i prati e i pascoli arborati.
Considerazioni conclusive.
Come si evince da questa breve analisi dell’ordinamento giuridico, in Italia manca ancora una definizione univoca di bosco. Prima della entrata in vigore della legge Galasso mancava del tutto una definizione giuridica del bosco. Adesso, invece, si assiste ad un proliferare di definizioni, alcune delle quali molto diverse tra loro.
Tutto ciò appare poco logico e causa alcuni problemi amministrativi con significativi risvolti di natura penale. Non è possibile, in nome del decentramento amministrativo, definire in tanti modi differenti il medesimo bene giuridico.
Ferma restando la competenza regionale in materia di gestione del bosco, sarebbe, tuttavia, opportuno chiarire, in modo univoco e su tutto il territorio nazionale, cosa si intende per bosco. Infatti, le violazioni che incidono sull’aree boschive comportano sanzioni penali e conseguentemente la definizione di bosco diventa propedeutica per la realizzazione dell’illecito e quindi per l’insorgenza, o meno, del reato. Differenti definizioni giuridiche di bosco tra una regione ed un’altra potrebbero comportare il paradosso che il medesimo fatto ed evento in un’area potrebbe essere considerato illecito penale in una regione e legale in un’altra.
Le Forze di polizia e l’Autorità giudiziaria, invece, quando devono reprimere gli abusi commessi contro il bosco o gli scempi perpetrati all’interno di aree boschive, devono identificare il bene bosco seguendo i criteri definitori uniformi suggeriti dall’articolo 2, comma 6, del decreto legislativo n.227/2001. Ciò in quanto, il bene tutelato penalmente non può che essere unico su tutto il territorio nazionale e l’applicazione della legge penale non può ammettere trattamenti differenziati da una regione ad un’altra.
L’univocità della definizione di bosco si rende necessaria anche con riguardo:
a) alla elaborazione dell’Inventario Forestale Nazionale ed alle implicazioni ad esso connesse (applicazione del Protocollo di Kyoto e relativa quantificazione del carbon sink italiano);(5)
b) alle necessità di rispondere alle molteplici richieste provenienti dalla partecipazione dell’Italia a una serie di iniziative ambientali di carattere internazionale quali la Convenzione ONU sui Cambiamenti Climatici e il Protocollo di Kyoto, il United Nations Forum on Forests, la European Environmental Agency, l’Eurostat e il Forest Focus;(6)
c) alle statistiche a livello nazionale ed ai confronti di dati omogenei tra singole regioni,
d) alle politiche forestali di sviluppo ed alle politiche forestali di tutela,
e) all’assegnazione di risorse finanziarie pubbliche per il settore forestale.
Si auspica, pertanto, un intervento del legislatore nazionale che – ai sensi dell’articolo 117, comma 2, lettera s), della Costituzione che riserva allo Stato la competenza esclusiva in materia di tutela dell’ambiente e dell’ecosistema – stabilisca un’unica definizione giuridica del bosco. Fatti salvi i criteri stabiliti a livello mondiale ai fini dell’applicazione del Protocollo di Kyoto, in Italia si potrebbe adottare come modello uniforme il concetto di bosco individuato dall’articolo 2, comma 6, del decreto legislativo n.227/2001, possibilmente rivisto ed integrato con gli standard internazionali individuati dalla FAO con il Global Forest Resources Assessment 2000.
Per una migliore comprensione dell’intera materia si riporta di seguito una tavola sinottica contenente i riferimenti normativi di tutte le definizioni di bosco vigenti nell’ordinamento giuridico italiano (TABELLA A).

tab A
(1)Per area di insidenza si intende la proiezione sul terreno della chioma delle piante.

(2) La legge 21 novembre 2000, n. 353 costituisce la legge-quadro in materia di incendi boschivi. Questa legge affida al Corpo forestale dello Stato un ruolo rilevante nella prevenzione, repressione e lotta attiva agli incendi boschivi. Gli altri soggetti istituzionalmente competenti in materia sono il Dipartimemto della protezione civile, i Vigili del fuoco, le Regioni e gli enti locali. L’articolo 7 della presente legge prevede che “le regioni”, ai fini della lotta attiva contro gli incendi boschivi, “possono avvalersi del Corpo forestale dello Stato tramite i centri operativi antincendi boschivi del Corpo medesimo”.
(3) Ai sensi dell’articolo 423 bis c.p., chiunque cagiona dolosamente un incendio su boschi, selve e foreste o vivai forestali destinati al rimboschimento, propri od altrui, è punito con la reclusione da 4 a 10 anni. Se l’incendio boschivo è cagionato per colpa la pena prevista è la reclusione da 1 a 5 anni. E’ inoltre prevista la reclusione da 6 a 15 anni se dall’incendio deriva un danno grave, esteso e persistente all’ambiente. Infine le pene sono aumentate se dall’incendio deriva un pericolo per edifici o un danno sulle aree protette.

(4) L’articolo 142 del codice dei beni culturali e del paesaggio elenca i beni ambientali tutelati per legge: e nell’elenco ci sono anche i boschi ed i territori coperti da foreste, ancorché percorsi o danneggiati dal fuoco e quelli sottoposti a vincoli di rimboschimento. Giova rammentare che il decreto legislativo n.42/2004 ha sostituito il Testo Unico delle disposizioni legislative in materia di beni culturali ed ambientali (d.lgs. n.490/1999), il quale ha sua volta aveva sostituito la legge n.431/1985, meglio nota come legge Galasso.

(5) In Italia, lo strumento per la quantificazione del proprio “carbon sink”, è stato individuato nella realizzazione, entro il 31 maggio 2005, del secondo Inventario Forestale Nazionale: tale impegno è stato affidato, com’è noto, al Corpo forestale dello Stato.
La metodologia adottata ai fini del secondo Inventario Forestale Nazionale contempla una definizione di bosco diversa da quella prevista sia dal decreto legislativo n.227/2001 che dalle leggi regionali nonchè da quella usata per il precedente Inventario. Infatti, ai fini del secondo Inventario Forestale si è adottato una definizione di bosco in linea con gli standard ormai riconosciuti a livello internazionale (FAO FRA 2000). Ossia, per bosco si intende un territorio con copertura arborea superiore al 10 per cento, su un’estensione maggiore di 0,5 ha e con alberi alti, a maturità, almeno 5 metri. Può trattarsi di formazioni arboree chiuse o aperte, di soprassuoli forestali giovani o di aree temporaneamente scoperte di alberi per cause naturali o per l’intervento dell’uomo, ma suscettibiledi ricopertura a breve termine. Sono, inoltre, inclusi nelle aree boscate i vivai forestali e arborei da seme, le strade forestali, le fasce tagliafuoco, le piccole radure, le barriere frangivento e le fasce boscate, purchè maggiori di 0,5 ha e larghe più di 20 metri, le piantaggioni di alberi per la produzione di legno, gli aberi da gomma e le sugherete.
Gli standard internazionali prevedono anche le cosidette “Altre terre boscate” e cioè i seguenti territori:
a) le foreste basse: superficie minima di 0,5 ha, con copertura arborea superiore al 10 per cento ed alberi alti tra i 2 ed i 5 metri;
b) i boschi radi: superficie minima di 0,5 ha, con copertura arborea compresa tra il 5 ed il 10 per cento ed alberi alti almeno 5 metri;
c) le macchie: un’area minima di 0,5 ha, con copertura arborea (arbustiva) superiore al 10 per cento ed arbusti alti fino a 2 metri;
d) i cespuglieti/arbusteti: superficie minima di 0,5, copertura cespugliosa/arbustiva superiore al 10 per cento.

(6) Il Forest Focus è il programma quadriennale (2003 – 2006) approvato dall’Unione Europea con il regolamento n. 2152/2003 relativo al monitoraggio delle foreste e delle interazioni ambientali nella Comunità europea e rappresenta il primo sistema comunitario per il monitoraggio a lungo termine e su larga base, armonizzato e completo, delle condizioni delle foreste. Inoltre, con l’articolo 3 del presente regolamento, l’Unione Europea ha stabilito, pur se limitata ai soli fini del Forest Focus, una definizione giuridica di foresta.

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